Iniziati i lavori del gasdotto della Linea Adriatica

INIZIATI I LAVORI DEL GASDOTTO DELLA LINEA ADRIATICA NELLA TOTALE MANCANZA DI INFORMAZIONI. BISOGNA STABILIRE UNA MORATORIA

Il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” ha inviato una Lettera Aperta alla. Sindaca del Comune di Russi, Valentina Palli, al Sindaco del Comune di Ravenna,  Michele De Pascale e per conoscenza ai referenti.territoriali della zona interessata, in cui si denuncia che nei giorni scorsi, alle porte dell’abitato della frazione di San Pancrazio, nel Comune di Russi, sono iniziati i lavori di realizzazione di un cantiere, a ridosso dell’argine sinistro del Fiume Montone, e la mattina di giovedi 23 maggio è comparso un cartello esplicativo  dal quale si evince che si tratta dei lavori per la costruzione della rete SNAM, lotto Sestino-Minerbio, quindi il tratto nord del gasdotto “Linea Adriatica”.

Altre opere di perimetrazione sono rintracciabili, secondo nei campi coltivati a destra del fiume Montone. Non vi è dubbio pertanto che stiano partendo i lavori di costruzione di un’ opera, sulla quale i movimenti hanno reiteratamente chiesto che si dessero risposte a numerosi interrogativi.

In una seduta di alcuni mesi fa, il Consiglio Comunale di Ravenna aveva sostanzialmente e acriticamente ratificato la realizzazione del gasdotto “Linea Adriatica”, votando il punto denominato “Ottimizzazioni metanodotto Sestino – Minerbio (…), tratto ricadente nel Comune di Ravenna”.

Da sempre cerchiamo di sostenere che non si tratta affatto di prevedere alcune minime migliorie e proporre alcune raccomandazioni: Bisognerebbe avere il coraggio di rimettere in discussione l’intero progetto.

Innanzi tutto tale opera nel tratto sud è oggetto di contestazioni civili e legali da parte della popolazione e anche di diverse istituzioni, e a tutt’oggi i lavori sono fermi a Sulmona, ove viene messa in dubbio la stessa legittimità del cantiere, in un territorio di notevolissimo pregio naturalistico ed archeologico, nonché ad alto rischio sismico.

Per cui può ancora accadere che i lavori nel tratto sud vengano bloccati. A quel punto non si capisce che senso abbia iniziare le opere di costruzione in un territorio (il nostro) centinaia di chilometri più a nord.

Come ripreso anche da un’interrogazione in Consiglio Regionale, alcuni mesi fa il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG), associazione che si occupa costantemente degli aspetti legali nelle criticità ambientali, aveva inviato un’ istanza al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e al Ministero della Cultura per sollecitare un provvedimento che dichiari la perdita di efficacia dei decreti che hanno dato giudizio positivo al progetto di gasdotto “Rete Adriatica”.

Anche se il GrIG concentrava la propria attenzione prevalentemente sul tronco Foligno-Sestino,  e quello Sulmona-Foligno, il tema riguarda tutto il tracciato della Linea Adriatica, anche il tratto che dovrà attraversare amplissime aree della Romagna e del territorio ravennate.

I decreti autorizzativi sono vecchi di molti anni, mentre la più recente giurisprudenza afferma che i procedimenti di valutazione d’impatto ambientale (V.I.A.) debbano avere durata quinquennale. Tanto è vero che, in risposta all’interrogazione in Consiglio Regionale  di cui sopra, il sottosegretario alla Presidenza ha affermato che si sarebbe dovuta coinvolgere la Conferenza Stato Regioni per una rivalutazione d’insieme.

Il progetto di gasdotto Rete Adriatica, il ben noto “gasdotto dei terremoti”, visto che il tracciato interessa buona parte delle zone a maggiore rischio sismico  è un’opera pesantemente impattante: una lunghezza complessiva di km. 687 (con tubazione di diametro di un metro e venti, a cinque metri di profondità, che decorre in uno spazio di una larghezza di 40 metri, quanto un’autostrada), interessa aree di rilevante importanza naturalistica, fra cui tre parchi nazionali, un parco naturale regionale, ventuno siti di importanza comunitaria, ed anche aree a alto rischio sismico e idrogeologico. Dopo l’alluvione del 2023, nella nostra regione sono state censite 80.000 (ottantamila) frane, in buona parte proprio nelle zone dove dovrà passare il gasdotto. Comporterà sia l’abbattimento di svariati milioni di alberi che emissioni climalteranti elevatissime.

Non è stato effettuato un unico procedimento di valutazione di impatto ambientale come richiesto da normativa e giurisprudenza comunitaria, né una procedura di valutazione ambientale strategica.

Il costo dell’opera è stimato ormai in ben 2,4 miliardi di euro, e (lo ammette lo stesso Gruppo Snam) nel 2030 si avrà un consumo di circa 60 miliardi  di metri cubi di gas, e forse anche meno, visto che nell’anno passato il consumo ha di poco superato i sessanta miliardi ed è in costante calo, a fronte di una capacità complessiva, da parte delle infrastrutture già oggi esistenti, di 100 miliardi di metri cubi all’anno. Il che significa che saranno opere fortemente sottoutilizzate (e la loro costruzione grava sulle tasche degli Italiani), in presenza di rischi assai elevati anche dal punto di vista della sicurezza complessiva, come dimostrano per esempio il ben noto disastro occorso in un importante gasdotto iraniano e altri episodi nel tempo.

Pertanto, è convinzione nostra e di tanti esponenti del mondo scientifico e giuridico che chiedere che vengano riviste le procedure autorizzative sia un atto di puro e semplice buon senso.

Per quanto riguarda i lavori attualmente in via di cantierizzazione, il documento fa notare che di qui a poco quell’area sarà fortemente appesantita dalla chiusura del ponte sul fiume Montone fra San Pancrazio e Ragone, per rifacimento della struttura, da gran tempo prevista. Il periodo di inutilizzabilità del ponte comporterà moltiplicazione del numero di veicoli circolanti, per diversi mesi. Aggiungere  a tale forte stato di disagio i lavori di un cantiere, con notevole traffico di mezzi pesanti, rischia di trasformare la vita della zona, in un vero e proprio inferno.

La nota chiede:

  • Se le pratiche amministrative-autorizzative da parte dei Comuni e di ogni altra istituzione coinvolta, ivi comprese la Regione Emilia Romagna e l’Autorità di Bacino, in quanto referenti per la gestione degli ambiti fluviali, siano state espletate correttamente in ogni loro parte
  • Se SNAM abbia comunicato ai Comuni con almeno trenta giorni di anticipo, , l’avvio del cantiere
  • Se si sia presa in considerazione l’ipotesi, più volte ritenuta necessaria dai comitati della cittadinanza attiva e da esperti dell’ambito giuridico, di adire ad una nuova Valutazione di Impatto Ambientale unica per l’intera opera
  • Se siano state già espletate le pratiche di indennizzo/esproprio ai titolari delle proprietà interessate, e visto che l’opera impatta gravemente per una superficie ben più vasta di quella di pertinenza di alcuni proprietari, per quale motivo non si sia avviata una capillare e dettagliata opera d’informazione
  • Se in particolare, non si ritenga fondamentale rendere edotta la cittadinanza, con particolare riferimento alle abitazioni prossime al tracciato, dei rischi che l’opera comporta

Il Coordinamento sottolinea come Ravenna e i Comuni limitrofi siano un territorio già fortemente provato dalla presenza soffocante delle strutture metanifere, ed era. stato  ampiamente sbandierato che l’arrivo del rigassificatore avrebbe comportato l’indipendenza dai gasdotti provenienti dall’estero, e quindi – implicitamente – si era sostenuta l’inutilità di costruirne di nuovi.

Si constata che del nostro territorio si vuole fare una vera e propria ZONA DI SACRIFICIO in favore del solo profitto del mondo estrattivista.

Viene pertanto chiesto alla Sindaca di Russi, al  Sindaco di Ravenna, agli Assessorati competenti, alla Regione Emilia Romagna e al Governo Nazionale, di pronunciarsi per la revisione degli iter autorizzativi, e intanto stabilire una moratoria, anche alla luce del quadro energetico complessivo in via di profonda trasformazione.

 

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

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