È ormai accertato da numerosi studi scientifici, e condiviso da documenti del nostro Ministero per la salute, che limitare il consumo di carne e di proteine di origine animale apporta numerosi benefici alla salute umana, con significativa riduzione di malattie metaboliche, cardiovascolari e oncologiche.
Nel 2015 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha inserito le carni processate (salumi, salsicce e wurstel) tra i cancerogeni certi (gruppo 1) e le carni rosse tra le sostanze probabilmente cancerogene per l’uomo (gruppo 2A).
Eppure, la richiesta di proteine animali resta elevata, indotta anche da interessi economici legati agli allevamenti intensivi, di cui la regione Emilia-Romagna ha una forte concentrazione, con oltre mezzo milione di bovini, più di un milione di suini e otto milioni di polli. È altrettanto accertato che gli allevamenti industriali, in particolare di bovini, hanno un impatto ambientale assai importante. Dati FAO fanno risalire ad essi la produzione del 14,5 % dei gas serra, con grandi ricadute sul clima: in particolare sono responsabili della produzione di protossido di azoto, di metano e di ammoniaca. Quest’ultima si trasforma poi in polveri sottili che penetrano nell’albero respiratorio con gravi danni sia al sistema polmonare che cardiovascolare e nervoso.
Inoltre, gli allevamenti intensivi sono responsabili di un enorme consumo di risorse idriche (sino a 15500 litri per un Kg di carne rossa che arriva sulla nostra tavola), di consumo di suolo, di perdita di biodiversità, a causa delle monocolture legate alla produzione di mangimi e di inquinamento delle falde acquifere per l’immissione di nitrati derivati dai liquami. Una grande densità animale si correla inevitabilmente con un maggior utilizzo di antibiotici, con possibili rischi di antibiotico resistenza, e di zoonosi, di passaggio cioè di infezioni dall’animale all’uomo. La pandemia Covid in questo senso dovrebbe essere di monito, come pure l’allarme legato a possibili nuove pandemie legate all’aviaria o alla peste suina.
Un modello di produzione così strutturato è dannoso per le persone, per l’ambiente e risulta certamente crudele e ingiusto per gli animali, il cui benessere dovrebbe invece essere tutelato.
Tale sistema produttivo risulta perciò del tutto dannoso, tanto più in una visione One Health, che collega la salute dell’ambiente, dell’uomo e degli animali in modo indissolubile, per un futuro del pianeta sostenibile.
Con tale obiettivo RECA ha prodotto un documento di analisi, correlato di numerose voci bibliografiche, che denuncia l’impatto preoccupante degli allevamenti intensivi in Emilia-Romagna.
Il documento si conclude con numerose proposte concrete alla Regione, a partire dallo stop a nuovi insediamenti di allevamenti industriali e nello spirito di un confronto aperto con i decisori politici è stato inviato al Presidente Bonaccini, alla Giunta e ai Gruppi Consiliari per richiedere nuovi indirizzi, capaci di abbinare sostenibilità ambientale, economica e sociale nella filiera agroalimentare della nostra Regione.
Lilia Casali
Una proposta giusta e civile.