Bonaccini lascia il posto a De Pascale. Senza nemmeno discuterne?

Da qualche giorno quindi è ufficiale. Michele De Pascale, 39 anni, Sindaco di Ravenna, è il nuovo candidato alla Presidenza della Regione Emilia Romagna.

”…tutto è avvenuto nelle più o meno segrete stanze dei vertici, alti e altissimi, emiliani e romani, dei partiti, anzi del partito di maggioranza relativa.”

Da qualche giorno quindi è ufficiale. Michele De Pascale, 39 anni, Sindaco di Ravenna, è il nuovo candidato alla Presidenza della Regione Emilia Romagna. Da tempo era in testa alla classifica delle possibili candidature. Non ne siamo sorpresi, certo. È un evento che ci conferma nella convinzione che il sistema politico-istituzionale emiliano-romagnolo sia sostanzialmente “blindato”, nei contenuti e nei metodi, e che i giochi si facciano a livelli ai quali ai comuni mortali non è dato accedere.

Ugualmente, però, siamo fra coloro che si sentono indispettiti, e sappiamo di essere in buona compagnia. In questi giorni, dato che viviamo fra la gente, ne abbiamo sentiti tanti di mugugni, da persone di varia estrazione e diversa collocazione politica, che intonano (troppo sommessamente) il “non si fa così”. Siamo sicuri che discussioni ve ne siano state, forse anche aspre, e se ne è avuto qualche sentore anche sulla stampa (basate però, molto più che sui contenuti, sulle rivendicazioni bolognesiste sontro quelle romagnoliste, o quelle un po’ più “schleiniane” versus le posizioni bonacciniane doc, e così via).

Ma tutto è avvenuto nelle più o meno segrete stanze dei vertici, alti e altissimi, emiliani e romani, dei partiti, anzi del partito di maggioranza relativa. Tutto ciò mentre si parla della Regione che si vanta di essere la più progressista di tutte, di avere norme e forme di partecipazione democratica senza uguali.

Viene da chiedersi come sia possibile che alcune realtà alleate o verosimilmente tali non si siano fatte sentire, non abbiano strepitato, non abbiano fatto una levata di scudi, non abbiano proposto proprie candidature. Per esempio, Europa Verde, che meritoriamente ha anche avanzato critiche, nei passati cinque anni, alla maggioranza di cui pur faceva parte, non doveva rivendicare un ruolo più che attivo nella scelta del Presidente, facendo anche valere la “punizione”, che aveva dovuto sopportare cinque anni fa, di non avere alcun assessorato in Giunta ?

Per esempio, ciò che resta (ma ne resta qualcosa ?) di Emilia Romagna Coraggiosa non doveva fare di questa partita l’occasione per stilare un bilancio complessivo della propria presenza alla quale (se ne ricordino) molte persone della società civile e del movimenti sociali avevano accordato una certa fiducia, e pretendere di avere voce in capitolo ?

E ancora, il Movimento 5 Stelle che marcia gagliardo verso la versione emiliano-romagnola del campo largo a dispetto dei passi indietro compiuti dalle politiche regionali rispetto ai propositi di cinque anni fa (e che allora esso giudicò insufficienti, tanto da schierarsi all’opposizione), non doveva ripromettersi di utilizzare la scelta del Presidente come qualcosa su cui “far sudare” il Pd per garantirsi l’alleanza ?

E invece no… Non sentiamo che flebilissime proteste, leggiamo solo qualche timidissima dichiarazione appena appena dubbiosa, e men che meno abbiamo sentore che emergano dubbi sulla conferma della coalizione.

Eppure, dietro la scelta di De Pascale come Presidente si palesano contenuti piuttosto precisi: cioè l’immagine di una ferrea continuità con la gestione Bonaccini. Continuità non vuole dire soltanto prosecuzione del metodo “bonapartista” che abbiamo ben imparato a conoscere, in cui democrazia e partecipazione vengono sbandierati nei depliants propagandistici, ma poi vanno a sbattere contro un impianto decisionista e verticale lontano mille miglia dai valori di cui, per esempio, i gruppi di cui sopra (ed anche una parte della base Pd impegnata nella società civile, e un po’ stufa di dover “ingoiare tutti i rospi”), si dichiarano portabandiera. Continuità vuol dire la totale indisponibilità a un ragionamento critico, a un inizio di ripensamento sulle principali sceltre strategiche operate in questi anni.

Vediamone alcune:

Il rigassificatore di Ravenna, con tutto il corteo di opere “di servizio”, ha in De Pascale il principale sotenitore e sponsor, e in Bonaccini ha il suo commissario straordinario nominato per far fronte ad una situazione di urgenza e indifferibilità totalmente inventate, che ha consentito di aggirare norme e accorciare percorsi autorizzativi in tempi che normalmente non sono sufficienti neppure per installare un chiosco di piadina.

Il gasdotto della Linea Adriatica, che sta sventrando interi territori in tutta la metà orientale del Paese e che impatta pesantemente sulla nostra regione, per legarci definitivamente a doppio filo a un sistema fossile che andrebbe il più rapidamente abbandonato. Ed anche, nper restare nello stesso campo, l’auspicio di nuove trivellazioni (che ha addirittura anticipato, in comune a Ravenna, la legge governativa targata Meloni ed ENI) anziché ridurre progressivamente quelle in funzione, e la promozione di progetti costosissimi e per nulla risolutivi come la cattura e stoccaggio della CO2.

Il consumo di suolo spropositato, che vede l’Emilia Romagna ai primissimi posti in classifica, laddove negli anni passati tutta la classe dirigente “progressista” si era riempita la bocca del termine azzeramento, partorendo anche una legge regionale a chiacchiere avanzatissima, ma fatta apposta per rivelarsi un intricato groviglio di deroghe e pasticci che a tutt’oggi vedono avanzare senza sosta le cementificazioni e la distruzione dei terreni.

I trasporti, che continuano a privilegiare la piaga dell’intoccabile trasporto privato e fornire ad esso sempre più infrastrutture stradali (passante di Bologna, Bretelle varie) mastodontiche e foriere di nuovo traffico, nuovi incidenti e malattie, e maggiori emissioni.

La finta politica di valorizzazione arborea, in cui si dichiarano numeri meravigliosi di piantumazioni, mentre prosegue la mattanza di alberi già adulti ovunque lo richiedano i progetti di urbanizzazione, costruzione di strade, ampliamento di servizi ed esercizi commerciali, e di cosiddetta manutenzione dei corsi d’acqua.

Il voltafaccia sui rifiuti, che fa piazza pulita di tante declamate buone intenzioni, rilancia gli inceneritori e nulla fa per ridurre i rifiuti a monte e per contrastare il soffocante dominio delle plastiche.

L’assenza totale della volontà di ridurre la presenza degli allevamenti intensivi, i cui danni per l’aria, l’ambiente e la salute sono ormai da tempo dimostrati, incontestabili e in gran parte irreversibili, senza riuscire neppure a dichiarare  l’intenzione, almeno, di non consentirne l’apertura di nuovi.

La mancanza di volontà di ripubblicizzare il servizio idrico, schierando di fatto la Regione Emilia Romagna fra i soggetti affossatori del referendum del 2011, con il quale il popolo italiano si era espresso in termini inequivocabili.

D’altra parte, le proposte di legge di iniziativa popolare (sulle quali RECA e Legambiente regionale avevano raccolto un’infinità di firme), che andavano proprio nel senso di cominciare a mettere mano ad alcuni dei temi sopra elencati, sono state lasciate languire nei cassetti fino agli sgoccioli della legislatura, ed ora che questa è conclusa, formalmente passeranno alla prossima per essere discusse, ma di fatto in molti vorranno affossarle.

RECA è una Rete di organismi di base e di persone che credono nella mobilitazione dal basso e nella partecipazione come motore principale della vita civile, e quindi ritiene che l’elezione di un’istituzione importante come la Regione dovrebbe essere un momento di vero coinvolgimento democratico, esprimentesi in tante articolazioni. Non abbiamo la presunzione di poter “spostare” grandi pacchetti di voti, ma siamo consapevoli di fornire a chi voglia ascoltarci degli strumenti di lettura e di scelta. Avevamo lanciato a tutte le realtà politiche sensibili ai nostri ragionamenti la proposta di confrontarsi per proporre una presenza unitaria del mondo ambientalista, e del pensiero critico e alternativo, alle prossime elezioni regionali. Pare che questa proposta non abbia successo, e che le strategie saranno altre.

È bene che si sappia, però, che quel pezzo di società che lotta per un futuro di giustizia climatica, ambientale e sociale diversa dallo sfascio in cui ci troviamo, e che con noi abbiamo ritrovato nelle tante mobilitazioni, della politica e del “modello Emilia Romagna” sarà giudice severo.

Giuseppe Tadolini                  

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *