Il modello emiliano-romagnolo è definitivamente alle nostre spalle. Esso si era basato, da quando mosse i suoi primi passi, negli anni ‘60 del secolo scorso, su 3 grandi assi: una struttura produttiva efficiente, basata su un tessuto largo di piccole e medie aziende, un Welfare ben strutturato e un sistema di relazioni sociali costruito su rapporti stretti e riconosciuti tra le organizzazioni di rappresentanza sociale e da meccanismi di partecipazione importanti. Ora, dentro le grandi trasformazioni sociali, politiche e ambientali degli ultimi anni, questi riferimenti sono evaporati.
Intendiamoci bene: non si tratta di disconoscere risultati maggiormente positivi realizzati in Emilia-Romagna rispetto ad altre regioni in diversi ambiti, quanto di saper vedere che non esiste una «diversità» di modello, che si è ridotta a stare anch’essa dentro il paradigma generale del neoliberismo, sia pure con tratti di maggiore inclusione e solidarietà sociale.
Con l’affermazione del pensiero unico e della pratica del neoliberismo, anche le politiche economiche, sociali e ambientali della Regione Emilia-Romagna, anche se possono prestare maggiore attenzione ad alcuni tratti di solidarietà ed inclusione sociale, si inscrivono in quel paradigma e ne costituiscono tutt’al più una variante.
Questo un sunto dell’articolo di Corrado Oddi pubblicato da Il Manifesto
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