Riflessioni su alluvione e dintorni
Nei giorni passati sono successe alcuni fatti rilevanti nella nostra regione per quanto riguarda la discussione sulle questioni ambientali.
È doveroso partire dalle drammatiche vicende dell’alluvione che ha colpito la Romagna e altri territori della regione ormai un mese fa. La vicinanza alle popolazioni che hanno subito questo fenomeno, che si è espressa in tanti atti di solidarietà e intervento concreto, non può occultare che esse derivano da precise responsabilità, che originano dalle politiche nazionali e regionali messe in atto. Né che sono il prodotto, in primo luogo, del cambiamento climatico – basti pensare che qualche giorno prima osservavamo con preoccupazione il livello del Po e i fenomeni siccitosi in corso-, dello scriteriato consumo di suolo e dei mancati interventi relativi alla messa in sicurezza del territorio e di contrasto al dissesto idrogeologico.
Tutto ciò non è certamente estraneo alla giusta decisione di Legambiente regionale di uscire dal Patto per il lavoro e il clima, promosso più di 2 anni fa in pompa magna dalla Regione Emilia-Romagna. La motivazione è ineccepibile, quella che deriva dalla constatazione di scelte della Regione in materia ambientale che più proclamano la necessità di intervenire per contrastare il cambiamento climatico e il disastro ambientale, più, nella pratica concreta, vanno in direzione contraria. Basta pensare, in termini emblematici, alla costruzione del Passante a Bologna e al rigassificatore a Ravenna. Che sono rilevatori di un’impostazione che continua a puntare sulla crescita quantitativa del PIL, ad un’idea produttivistica ed economicista dello sviluppo, centrata sulla logica delle grandi opere, all’incremento del consumo di suolo, al ricorso alle fonti fossili, alla privatizzazione dei beni comuni. E che avevano portato RECA a non sottoscrivere il Patto per il lavoro e il clima, quando venne proposto a suo tempo e a mettere in campo un proprio Contropatto per il clima e il lavoro.
Quello che, invece, fa specie è la reazione scomposta della Giunta regionale. Dapprima il sottosegretario alla Presidenza Baruffi e poi lo stesso Presidente della Giunta Bonaccini lamentano una sorta di mancanza di rispetto nella decisione di Legambiente, nel momento in cui da parte di quest’ultima non si è sviluppato un confronto preventivo e la si è annunciata sulla stampa. Certamente Legambiente non ha bisogno di una difesa d’ufficio, ma non si può non rilevare la “strana” concezione di rispetto e confronto democratico che promana dalle dichiarazioni degli esponenti della Giunta regionale.
Sembra quasi che l’idea di rispetto coincida con quella di “chiedere il permesso” di esprimere una posizione diversa: del resto, ciò è assolutamente coerente con il fatto che, quando come RECA decidemmo di non essere firmatari del Patto, ma di continuare il confronto sulle singole tematiche, ci venne nella sostanza risposto che ciò non era possibile, proprio perché avevamo preso quella posizione! Un’idea, per usare un eufemismo, un po’ povera di democrazia, che assomiglia molto ad un approccio per cui chi dissente, è bene venga emarginato.
Questo approccio l’abbiamo visto nuovamente all’opera nel momento in cui abbiamo presentato, assieme a Legambiente, le nostre 4 proposte di legge regionale di iniziativa popolare in tema di acqua, rifiuti, energia e stop al consumo di suolo. Anche qui abbiamo assistito ad uno spettacolo poco edificante: esse sono state assegnate alle Commissioni consiliari competenti il 18 ottobre dello scorso anno e le Commissioni avevano 6 mesi di tempo per esaminarle, periodo passato il quale sarebbero approdate all’Aula dell’Assemblea legislativa. Ebbene, i 6 mesi sono scaduti senza che le Commissioni si degnassero anche solo di fare i passaggi preliminari per iniziare la discussione, sono arrivati in Aula e solo dopo la nostra mobilitazione è stato deciso di rimandarle, come da nostra richiesta, nelle Commissioni. Ora, come previsto dalla normativa regionale, c’è un anno di tempo per pronunciarsi sui nostri testi e verificare gli orientamenti di una maggioranza di governo rispetto alla loro impostazione, che reclama un cambio radicale nelle politiche ambientali finora praticate.
pensiamo che dall’appuntamento del 17 giugno possa scaturire una nuova ripartenza del processo di convergenza dei tanti soggetti che lì si ritroveranno
In questo contesto, si inserisce anche l’importante manifestazione di sabato 17 giugno “10mila stivali” indetta da numerosi soggetti che criticano le scelte che stanno alla base del modello produttivo e sociale predominante anche nella nostra regione e che molto hanno a che fare, come le stesse politiche nazionali, con il disastro ambientale verificatosi qui ormai un mese fa. RECA partecipa convintamente a quest’appuntamento, condividendone gli obiettivi di fondo. Accanto a ciò ci interessa avanzare due sottolineature, anche come nostro specifico contributo alla scadenza del 17 giugno.
La prima è che, oltre alla giusta critica alle politiche ambientali della Regione, occorre mettere in campo una proposta complessivamente alternativa. È quanto abbiamo provato a fare nel momento in cui abbiamo elaborato e promosso le nostre 4 proposte di legge regionale di iniziativa popolare. Ora, non è che riteniamo che tutte le variegate realtà che danno vita al 17 giugno debbano condividere in toto percorsi e contenuti delle nostre proposte di legge: ciò che ci interessa, però, è che si assuma un’ottica per cui, nel momento in cui ci opponiamo alle politiche di natura ambientale, e non solo, che vengano realizzate, siamo in condizioni di offrire alla società e alla politica regionale un progetto credibile e radicalmente diverso a quanto avanzato da questo governo regionale.
La seconda è che pensiamo che dall’appuntamento del 17 giugno possa scaturire una nuova ripartenza del processo di convergenza dei tanti soggetti che lì si ritroveranno, cosa che non è stata realizzata dopo l’importante manifestazione del 22 ottobre dello scorso anno. Ovviamente, ciò non è semplicemente un auspicio, ma, per quanto ci riguarda, un terreno di lavoro e impegno che nasce dalla consapevolezza che occorre superare la frammentazione di iniziative e dei luoghi di discussione attualmente esistente.
Perché un altro mondo è possibile e necessario, ma diventa fondamentale mettere in campo le forze utili per provare a realizzarlo.
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