Un FICo guasto

“Fico chiude, ma ce ne faremo una ragione.
Comunque, a pochi, pare, mancherà l’ennesimo supermercato.

Di certo non mancherà ai piccoli produttori che servono i mercati contadini bolognesi, scimmiottati per anni dal superforaggiato amico degli amici, che ne ha spremuto mediaticamente l’immagine e la cultura per asservirle alla logica del sistema agroindustriale, mentre i contadini veri dovevano e devono elemosinare sconti di poche centinaia di euro all’anno per poter portare alimenti sani in città e sopravvivere alla concorrenza dei supermercati e della GDO, a cui FICo tirava la volata.

Di certo non mancherà a chi aspetta da anni l’autobus ad una frequenza decente, mentre a questa operazione di facciata è stata riservata prima una linea con mezzi fiammanti e ora pure un capolinea del tram. Che servirà il nulla, vista la decisione dell’Oscar nazionale.

Di certo non mancherà a chi non mette insieme il pranzo con la cena, mentre il Fico ostenta prezzi scandalosi per prodotti industriali spacciati come eccellenze.

Di certo non mancherà a quei collettivi e quelle realtà che, inascoltati e spesso pure bullizzati dalle istituzioni tutte compatte a sostenere le meraviglie della Disney del Cibo, ne hanno denunciato da sempre l’assurdità.

Mancherà, forse, a quegli ordini professionali che, improvvidamente, hanno investito in quel baraccone senza senso, un luna park che, contrariamente alle dichiarazioni, non poteva che allontanare la gente dalla comprensione della realtà rurale.

E mancherà a chi lo ha sostenuto, approvato, foraggiato, finanziato, osannato… A chi ha spacciato un’operazione finanziaria, probabilmente più interessata allo sviluppo urbanistico delle aree a contorno che non alle eccellenze alimentari del territorio, per uno strumento di educazione alimentare e contro lo spreco. Cioè, ad una classe politica indegna di questa città, votata al marketing a favore dei privati a costo di sacrificare servizi e vivibilità per tutti i cittadini. Da questi ultimi ci aspetteremmo, almeno, un po’ di autocritica. E magari le scuse a quei lavoratori, prima illusi, e ora sacrificati sull’altare della fiction fatta politica territoriale, così ben rappresentata dall’ossimoro Fabbrica Italiana COntadina.”

Foto di shraddha kulkarni su Unsplash

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